I credenti di Tessalonica avevano vissuto una dura persecuzione. Se guardiamo alla prima parte di Atti 17, vediamo che alcuni Giudei lì a Tessalonica avevano creduto grazie all’insegnamento e alla predicazione di Paolo e Sila, ma altri avevano formato una folla e persino scatenato una rivolta in città, cercando Paolo e Sila con l’intenzione di picchiarli, probabilmente anche di ucciderli.

Non li trovarono nella casa di Giasone, come speravano, così presero Giasone e lo trascinarono fuori da casa sua davanti ai magistrati della città, accusandolo di aver ospitato questi “piantagrane”, Paolo e Sila, che in realtà stavano solo insegnando la Parola di Dio nella sinagoga negli ultimi tre sabati.

Quindi, purtroppo, oltre alla minaccia concreta di violenza, c’erano anche conseguenze legali e finanziarie legate alla fede. Giasone e i suoi amici che avevano creduto furono portati davanti ai giudici e furono perfino costretti a pagare una cauzione per essere rilasciati.

Questo è il contesto in cui Paolo scrisse ai Tessalonicesi da Corinto, solo pochi mesi dopo. Paolo aveva dovuto fuggire da Tessalonica, e poi anche da Berea, perché i Giudei di Tessalonica lo avevano inseguito fin lì, costringendolo a scendere fino ad Atene, e infine a Corinto, dove si trovava al momento della scrittura. Scrisse ai Tessalonicesi per incoraggiarli nella loro fede, per dir loro di non arrendersi, di continuare, perché era proprio in mezzo alla persecuzione, e forse proprio a causa della persecuzione che stavano vivendo, che il messaggio della loro fede si stava diffondendo:

Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo ricevuto la parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia che dà lo Spirito Santo, tanto da diventare un esempio per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Infatti da voi la parola del Signore ha echeggiato non soltanto nella Macedonia e nell’Acaia, ma anzi la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo, di modo che non abbiamo bisogno di parlarne;

1 Tessalonicesi 1:6-8

Paolo loda i Tessalonicesi perché sa cosa significa essere perseguitati per la propria fede. Ora, anche i Tessalonicesi stavano vivendo la stessa cosa, solo che la stavano vivendo nella loro quotidianità, a casa, nel loro tempo. Potremmo dire che Paolo aveva sofferto la persecuzione per l’opera che aveva svolto, e sarebbe vero, ma i Tessalonicesi, così come molti altri credenti in città simili, continuavano a vivere la stessa persecuzione che aveva vissuto Paolo. Eppure continuavano a vivere la loro fede lì, localmente. Ne valeva la pena per loro. Valeva la pena affrontare fastidi, dolore, sofferenza, perdite, perché potevano avere ora e per sempre ciò che prima non avevano: una gioia in Cristo donata dallo Spirito Santo.

Avevano una gioia in Cristo donata loro dallo Spirito Santo. Non era un tipo di felicità passeggera e fugace. No, era una gioia duratura, che proseguiva nonostante le difficoltà, nonostante le sofferenze in cui si trovavano.

Quando vediamo questo tipo di gioia, ci colpisce profondamente. Quando vedi gioia in mezzo al caos, alla difficoltà, alla sofferenza, alla persecuzione, ti chiedi subito il perché. Perché questa persona è gioiosa quando dovrebbe essere triste? Perché sembra avere dentro di sé una sorgente di vita che la sostiene, quando invece dovrebbe lamentarsi per la sua situazione? La sua vita sembra capovolta. Sembra strano. Gioia invece di tristezza in mezzo ai problemi? C’è qualcosa di più profondo che sta succedendo qui, qualcosa che non si vede a occhio nudo…

Questa gioia che i Tessalonicesi stavano vivendo era una delle ragioni principali per cui il loro messaggio si stava diffondendo. Sì, stavano parlando con gli altri. Certamente stavano condividendo. Dovevano farlo.

Sì, stavano vivendo l’opera, la potenza dello Spirito Santo. Probabilmente stavano anche vedendo miracoli tra di loro.

Ma è estremamente importante comprendere il contesto in cui queste persone erano diventate credenti e continuavano nella fede. Nonostante le loro circostanze, nonostante le difficoltà, nonostante la persecuzione quotidiana, avevano gioia, una gioia profonda e autentica in Cristo. E quindi, quando parlavano della loro fede, o di ciò che Dio aveva fatto nella loro vita, le loro parole non erano teoriche. Erano esperienziali. Si potevano vedere quelle parole in azione. Si capiva che c’era stato un vero cambiamento.

E così la loro fede divenne conosciuta ovunque. Il messaggio del Signore risuonava grazie alla fede che stavano vivendo, con gioia in mezzo alla persecuzione. I Tessalonicesi diventarono un esempio per tutti. Le chiese della Macedonia – almeno quelle di Filippi, Tessalonica e Berea – e quelle dell’Acaia, come la chiesa di Corinto e forse altri credenti e altre chiese. La loro fede divenne conosciuta ovunque e il messaggio del Signore risuonava da loro, poiché seguendo l’esempio di Paolo e Sila e con la loro gioia in Cristo, divennero un esempio anche per tutte le altre chiese.

Share Article